Gabriele e Greta sono due caschi bianchi (volontari del servizio civile universale) che al momento si trovano a Mlali, in Tanzania.
Nell’articolo di oggi ci raccontano l’inizio della loro attività come volontari presso la scuola superiore di St. Clara.
Buona lettura!
“Dopo un mese di ambientamento finalmente abbiamo iniziato il progetto per cui siamo qua, ovvero lavorare nella scuola secondaria femminile di Santa Clara. Diciamo che non c’è stato un inizio “ufficiale”, ma piuttosto una mattina ho deciso di lasciare momentaneamente la cucina e la preparazione dei maandazi per compiere “coraggiosamente” quel breve ma intenso tragitto che separa la nostra casa dalla scuola.
Sentivo che era arrivato il momento di “mettersi in gioco”, di intraprendere quel percorso che avevo scelto. E così quella prima mattina sono entrato per la prima volta in sala insegnanti, quasi in punta di piedi per paura di disturbare, ma invece non appena ho varcato quella soglia sono stato accolto calorosamente. Era come se gli insegnanti avessero pensato: “Finalmente comincia” e mentre ci scambiavamo i saluti ho avuto proprio la sensazione che mi aspettassero.
Onestamente pensavo sarebbe stato più difficile entrare in sintonia con i professori, ma così non è stato, anzi direi tutto il contrario. L’ambiente è così tranquillo qui che ti permette tra una lezione e l’altra oppure durante la pausa di fare delle belle chiacchierate. Io per ora sono molto curioso di conoscere come funziona il sistema scolastico qui in Tanzania così come di conoscere le vite dei professori.

Allo stesso tempo loro mi chiedono sempre che differenze vedo tra la scuola tanzaniana e quella italiana e io sono ben contento di poter dar loro il mio punto di vista perché alla fine sono qui anche per questo: condividere le nostre esperienze e quanto accade nelle nostre culture in modo che possiamo crescere e migliorare insieme. A proposito di condividere, in questa prima settimana sia io sia Greta abbiamo partecipato a diverse lezioni per cercare di capire cosa insegnano e quali sono i metodi di insegnamento. Ognuno di noi ha cercato di partecipare a più lezioni possibili e anche a diverse materie in modo da avere uno sguardo più ampio. Io, ad esempio, ho partecipato a lezioni di matematica, fisica, business, geografia e inglese. Mentre Greta ha preferito principalmente inglese, ma anche storia e geografia.
Inutile negare che le lezioni sono diverse da quanto accade in Italia, così come l’aria che si respira in una classe. Innanzitutto le studentesse hanno un grandissimo rispetto nei confronti dei professori e durante le spiegazioni la soglia di attenzione è molto alta (non posso dire lo stesso per l’Italia). Le lezioni poi non sono solo discorsive, ma i professori cercano di far partecipare anche le studentesse attraverso continue domande oppure invitandole alla lavagna a svolgere alcuni esercizi. Una lezione in particolare mi ha affascinato molto, forse perché è stata la prima a cui ho partecipato: la lezione di business,
una materia a me sconosciuta fino a quel momento. Pensavo sarebbe stata una lezione molto teorica e discorsiva, ma invece, come spesso accade, i pregiudizi vengono “spazzati via” in 5 minuti e così è stato. Il professore ha sì spiegato qualcosa, dato qualche nozione, ma poi ha completamente lasciato spazio alle studentesse, invitandole a ragionare, a
pensare e a creare un loro business. Alcune hanno pensato di aprire un alimentari, altre un cinema, altre ancora un semplice negozio in cui si vende un po’ di tutto: insomma è stato molto interessante approcciarsi al progetto tramite questa prima lezione perché già alcune delle idee che avevo sulla scuola tanzaniana prima di venire qui sono cambiate
dopo quelle poche ore.

In queste prime settimane di scuola non ho solo partecipato alle lezioni, ma mi hanno anche dato la possibilità di prepararne una insieme a Greta: non al Santa Clara, ma in un’altra scuola secondaria che si chiama San Pio. Abbiamo preparato e poi realizzato una prima lezione di informatica e direi che come inizio non è andata male. Nessuno di noi due
ha esperienze di insegnamento, ma per essere la prima volta direi che ce la siamo cavata egregiamente. Abbiamo cercato di insegnare a nostro modo, come meglio credevamo anche per mostrare agli studenti che non esiste un modo “giusto” per insegnare, ma ogni professore cerca di mettere la sua “impronta” in questa cruciale professione.
Ecco per il momento non ho tanto altro da aggiungere, anche se ho già imparato tantissime cose e soprattutto mi sento già parte della “famiglia” dei professori, il che non è una cosa da poco. Ormai il Santa Clara è diventato il mio ambiente di lavoro, un ambiente che mi piace e in cui tutte le mattine ormai vengo volentieri. Spero nei prossimi mesi di poter continuare a migliorare i miei legami e chissà forse cominciare anche a preparare qualche lezione proprio qui al Santa Clara, magari riguardo argomenti che non vengono trattati nelle lezioni di tutti i giorni.
Ma come si suol dire in Tanzania: “pole pole” (piano piano)”
Vi terrò aggiornati,
Gabriele

“La prima settimana di lezioni al st Clara è stata caratterizzata da una buona dose di insicurezza e timidezza, queste due sensazioni sono derivate dal non voler sembrare la “muzungu” (bianca) che arriva e va ad alterare l’equilibrio scolastico, tanto più che, sin dal primo giorno, ho avuto modo di realizzare che il metodo di insegnamento tanzaniano e quello
italiano sono profondamente diversi.
Infatti le ragazze al St Clara fanno molti dibattiti e tendono a ripetere ad alta voce ogni concetto chiave che viene spiegato dall’insegnante; alcuni docenti poi, hanno l’abitudine di far battere loro le mani ogni qualvolta una ragazza
fornisce la risposta corretta ad una domanda (questo gesto ho capito essere anche utile per verificare che nessuno si sia addormentato).
Questa differenza nel modo di gestire le lezioni, all’inizio, mi ha un po’ preoccupata e questa preoccupazione è aumentata quando mi è stato proposto di preparare 2 lezioni di inglese per le ragazze del form 2A e 2B. La preoccupazione ha poi lasciato spazio all’eccitazione, l’idea di poter ideare una lezione mi ha riempita di gioia, così come mi ha riempito di felicità il
fatto che i professori abbiano creduto abbastanza in me da affidarmi, da subito, una tale responsabilità.
Per le ragazze del form 2A ho quindi preparato una lezione sull’AI, dal momento che stavano affrontando la tematica dell’ICT, mentre, per quelle del form 2B, una sul direct and indirect speech.
Iniziare ad andare a scuola e frequentare le lezioni ha anche voluto dire conoscere meglio i vari insegnanti i quali, da buoni tanzaniani, non hanno fallito nel farmi sentire la benvenuta, condividendo con me il momento della colazione delle 10.30, così come il pranzo.
Successivamente mi hanno anche fornito la mia prima biro rossa per poter correggere i compiti delle studentesse perché, come ci hanno tenuto a specificare, “now you’re a teacher so you’re supposed to have a red pen”.

Non nego che, in tutto ciò, non sono mancati i momenti difficili; rimane infatti complicato riuscire ad accettare le punizioni corporali che purtroppo sono ancora in uso nelle zone più rurali del paese, così come, per me, è molto difficile accettare il religioso rispetto che le ragazze mi riservano, soprattutto perché mi sembra di non avere le qualifiche necessarie per poter insegnare.
Nonostante questi lati negativi devo però ammettere che il St Clara, per il momento, sta regalando emozioni e mi sta insegnando molto. La prima e fondamentale lezione che ho imparato, durante questa prima settimana, è “condiviso è più bello”, lezione che mi è stata insegnata dai professori, così come dalle studentesse che, i primi giorni, mi hanno consegnato delle letterine per condividere la loro felicità e i loro pensieri. Sono molto emozionata all’idea di proseguire questo percorso e spero che avere una biro rossa possa aiutare (anche se in minima parte)”
Greta