I caschi bianchi (Volontari del Servizio Civile Universale FOCSIV) sono appena arrivati in Tanzania e già respirano l’energia, i colori e i suoni dei luoghi in cui presto daranno il loro contributo. In queste prime testimonianze raccontano emozioni, curiosità e incontri, offrendo uno sguardo autentico sulle sedi in cui svolgeranno le attività. Un’occasione per vivere, anche a distanza, l’inizio di un viaggio fatto di scoperta, condivisione e solidarietà.

“Ciò che ci accoglie dopo un volo da Milano a Dar es Salaam, con scalo a Dubai, è un
ambiente completamente diverso da tutto quello a cui siamo abituate. Traffico, rumori, terra,
caos. Guardiamo e osserviamo tutto con molta curiosità perché sappiamo che è tutto ciò ci
accompagnerà per un anno intero. Ci stupiamo di ogni cosa nuova, sia in modo positivo che
negativo. Assieme agli altri civilisti iniziamo a conoscere i nostri responsabili, a entrare piano
piano in questa nuova cultura. Visitiamo la città e i mercati e abbiamo l’opportunità di
prendere parte al Nane Nane, festa nazionale sull’agricoltura qui in Tanzania. Ad
accompagnarci è suor Fabiola, intraprendente suora che conosce l’italiano. Iniziamo a
entrare in confidenza con i locals e a provare nuovi cibi, insomma a fare nuove esperienze,
cosa che senza dubbio, per quanto difficile, è parte importante del nostro anno di servizio
civile. Dopo che ciascuno ha raggiunto le proprie destinazioni, parte il nostro lavoro
nell’ufficio del Centro Mondialità Sviluppo Reciproco qui a Dodoma. A primo impatto ci siamo
sentite disorientate. È stato difficile non solo capire quale effettivamente sarebbe stato il
lavoro da svolgere ma anche adattarsi ai ritmi e all’organizzazione generale. Oltre a questo
la lingua ci mette spesso a dura prova poiché non tutti sanno comunicare in inglese. Ma in
fondo è anche questo parte del gioco, no? Lo Swhaili non è poi così male:) In questo primo
mese possiamo dire che ci stiamo adattando e abituando al nuovo ambiente che ci circonda.
Infatti abbiamo trovato il nostro spazio qui e abbiamo scoperto con piacere che il lavoro è
molto più stimolante di quello che ci aspettavamo. Per il momento stiamo seguendo due
progetti. Uno riguarda l’ambito educativo, e prevede l’aiuto di ragazzi con minori opportunità
per disincentivare l’abbandono scolastico (Progetto Shule). L’altro si impegna a valorizzare l’imprenditoria
femminile attraverso un progetto che offre ad una cooperativa di sarte di un villaggio, la
possibilità di guadagnare un piccolo reddito grazie alla realizzazione di accessori,
bomboniere e abiti tradizionali (Progetto Swala). Il nostro ruolo è quello di coordinare questi progetti, valutare
il loro andamento e risolvere eventuali problematiche.
E nonostante ti sembri che per strada tutto corra così velocemente, se c’è una cosa che
abbiamo imparato è, come dicono sempre i tanzaniani, pole pole, che significa ‘piano piano’.
E, diciamo la verità, noi il pole pole lo stiamo lentamente iniziando ad abbracciare.”

Lucia e Alessia dalla sede di Dodoma

Lucia e Alessia in visita presso la Itega Secondary School

“9526: i kilometri che ci separano attualmente dall’Italia ed è assurdo come due giorni prima sei nel tuo
paese, nella tua città e, subito dopo, ti ritrovi dall’altra parte del mondo. In una terra, la Tanzania, che io (Gabriele) ho
già visitato e mi sembra di non aver mai lasciato, mentre per Greta c’è il fascino dell’ignoto. Il nostro viaggio
è iniziato a Milano la sera del 5 Agosto e, dopo una breve tappa forzata a Dubai, il 6 agosto siamo
finalmente atterrati a Dar Es Salaam. Non appena siamo usciti dall’aeroporto ci siamo ritrovati immersi nel
caos tanzaniano, compreso di boda boda, bajaji e venditori ambulanti. Quello che più ci ha sorpreso è
l’attenzione che abbiamo attirato per il colore della nostra pelle, quella stessa attenzione che ci ha
accompagnato anche nei nostri primi giorni a Dodoma e che, ancora adesso, non ci abbandona.
Dopo una notte passata a Dar, ci siamo spostati a Dodoma, lì abbiamo trascorso un paio di giorni insieme
agli altri volontari in una casa costruita proprio per accogliere, con diverse camere ma un unico grande
salotto per condividere e vivere come una grande famiglia. Nell’attuale capitale abbiamo partecipato al
“Nane Nane”, ovvero una festa nazionale per celebrare i prodotti agricoli dell’economia tanzaniana. Qui,
camminando tra i vari stand e la folla, eravamo costantemente osservati, quasi come se il vero evento
fossimo noi “wazungu” (i bianchi).
La nostra tappa finale però non era Dodoma, bensì Mlali, dove siamo arrivati la sera del 9 agosto. All’arrivo
nel villaggio le sensazioni provate da me e Greta sono state molto differenti. Per quest’ultima l’aspetto che
più l’ha colpita è stato il colore rosso. Il rosso a Mlali è dappertutto, lo sono i tramonti, la terra e perfino i
bambini. Quei bambini Greta se li sarebbe aspettati neri e invece sono rossi anche loro, ricoperti da quella
terra colorata in cui passano le giornate a giocarci. Per me invece Mlali è casa e, mentre percorrevo la lunga
strada verso il villaggio, i ricordi e le emozioni dell’anno precedente sono riemersi e sfociati poi in una
grande commozione. Il tempo era come se si fosse fermato perché poco o nulla era cambiato in quell’anno
di assenza, neppure le persone si erano dimenticate di me, ma anzi sembravo già parte di quella comunità
che era pronta ad accogliermi per la seconda volta.
Adesso però per me e Greta è tempo di iniziare quest’avventura e le emozioni e l’entusiasmo dei primi
giorni lasceranno sicuramente spazio alle sfide che ci aspettano. Siamo grati però di quest’opportunità,
sicuri di mettercela tutta.
Karibuni Tanzania,
Gabriele e Greta dalla sede di Mlali

La strada verso il villaggio di Mlali

“È stata Musungu la prima parola che ci hanno gridato i bambini dell’orfanotrofio di Kondoa,
appena abbiamo varcato il cancello d’entrata del cortile. I più piccoli ci sono corsi in braccio
con enormi sorrisi e occhi pieni di gioia, mentre i più grandi ci hanno guardato da lontano con
curiosità e un po’ di diffidenza. Noi eravamo spaesate e un po’ scombussolate dal viaggio, ma
la gioia dei bambini ci ha travolte immediatamente facendoci mettere da parte la stanchezza.
Suor Monica, colei che gestisce l’orfanotrofio, ci ha poi mostrato le nostre camere e con un
“KARIBU” (benvenute) ci ha accolto in quella che per i prossimi undici mesi sarà un po’ casa
nostra.
Fin dai primi giorni ci è stato chiaro che la vita in orfanotrofio è ben scandita da momenti ed
orari. I bambini e i ragazzi la mattina sono a scuola mentre noi diamo una mano nella
sistemazione degli spazi, pulendo la sala da pranzo, piegando i vestiti puliti e riordinando le
stanze. In queste attività non siamo mai sole, perché a farci compagnia ci sono le mascotte
dell’orfanotrofio, le due bimbe di un anno che non vedono l’ora di giocare ed essere coccolate
da noi. Alle 15:30 le ragazze e i bambini fanno ritorno da scuola e giochiamo insieme, fino
all’ora dei compiti. I bambini hanno molta voglia di imparare e condividere canzoni e giochi, il
nostro cavallo di battaglia è ormai diventato “SARDINA INA INA…”, a cui giochiamo per ore
intere.
Durante il momento dei compiti ad aiutarli c’è un insegnante della scuola, che segue i più
grandi, mentre noi ci occupiamo dei più piccoli, che sono sempre entusiasti di mostrarci cosa
hanno imparato di nuovo quel giorno.
Finiti i compiti si torna a giocare: qualcuno sale sullo scivolo e si inventa autista di bus, altri
suonano canzoni inventate su tamburi arrangiati, ma il gioco più gettonato, soprattutto dai più
grandi è il calcio. Nel grande cortile attorno all’orfanotrofio si fanno grandi partite a cui noi
siamo felici di partecipare.
I ragazzi e i bambini vengono poi chiamati per la doccia: chi più volentieri e chi meno si
mettono in fila con il loro asciugamano e al termine vengono da noi per essere incremati con
l’olio di cocco, che lascia un profumo inconfondibile nell’aria. Un momento a cui i bambini
tengono molto è poi quello della preghiera, si riuniscono infatti tutti nella piccola cappella
dell’orfanotrofio e guidati dalle ragazze più grandi recitano il rosario. È stato strano per noi
soprattutto i primi giorni vederli anche molto piccoli e agitati, invece così attenti durante la
preghiera, che è vista da loro come un momento irrinunciabile e pieno di significato. Ci tengono
molto che partecipiamo anche noi, prendendoci per mano e coinvolgendoci, come nuova parte
integrante del loro gruppo.
Infine, introdotta dalla canzoncina, che ci è entrata in testa dalla prima volta che l’abbiamo
ascoltata, si cena. Seduti in silenzio sui piccoli tavolini della sala da pranzo mangiano quello
che la cuoca durante il giorno ha preparato e al termine a turno sparecchiano, puliscono la sala
e lavano i piatti. Ogni compito a loro assegnato non è vissuto come un obbligo, ma come
un’occasione di gioco e non manca mai il sorriso sulle labbra.
La vita in orfanotrofio non è sempre facile, ci possono essere discussioni, incomprensioni, litigi
e dispetti, ma non manca di certo l’amore, la condivisione, lo spirito di accoglienza e di
comunità, che ci fanno sentire già un pochino a casa.”

Ilaria T. e Ilaria F. dalla sede di Kondoa

attività con gli ospiti dell’orfanotrofio di Kondoa

“Il 7 agosto, dopo un viaggio durato due giorni, siamo arrivate alla sede del nostro progetto: Miyuji Cheshire
home. Si tratta di un centro per bambini disabili gestito dalla congregazione delle suore di santa gemma.
Qui vivono 25 bambini di età compresa tra i 6 e 13 anni che vengono accuditi dalle maestre la mattina per
le attività scolastiche e dalle Mame il resto del giorno.
L’impatto iniziale è stato un po’ duro. Ci si è presentata una condizione diversa da quella a cui siamo
abituate e che non ci aspettavamo. Inanzitutto è stato difficile presentarsi e fare conoscenza con le persone
che vivono nel compound, dal momento che non tutti parlano inglese. Questo problema di comunicazione
rende alle volte complicato integrarsi e partecipare alla vita quotidiana della comunità che vive nel
comprensorio. Ora stiamo piano piano imparando qualche vocabolo che ci permette di farci capire ma
speriamo di arrivare a poter esprimerci sempre meglio.
Anche la gestione del centro è apparsa un po’ disorganizzata e all’inizio ci siamo sentite disorientate, non
avendo ancora compreso l’articolazione  delle attività durante la giornata.
Nei giorni seguenti, tuttavia, allo sconforto iniziale è subentrato l’entusiasmo e la voglia di mettersi in gioco
per collaborare a garantire il benessere dei bambini. I loro sorrisi e la loro energia sono stati determinanti in
questo cambio di prospettiva.
Abbiamo iniziato a proporre nuovi svaghi con cui intrattenere i bimbi, come bolle di sapone, disegni e
colori. La giornata per loro inizia presto: alle 7.30 dopo la colazione sono già nel cortile a giocare, tra
altalene dondoli e giostre. Alle 9.00 arrivano le maestre e iniziano le attività che vengono divise su tre classi.
I bambini con maggiore difficoltà colorano e giocano e imparano canzoncine per studiare i numeri. L’altra
classe è più dinamica: si legge, si scrive e si fanno i calcoli. Dopo matematica e kiswahili, inizia il dibattito. La
maestra invita i bambini a descrivere immagini e raccontare storie riguardanti principalmente animali e
cibo; la lezione termina infatti con una canzone sulla frutta. Subito dopo ci si dirige verso la mensa per la
pausa chai, un the locale alle erbe. La mattinata procede poi fino alle 13.00 giocando in cortile, facendo
bolle e coccole. La nostra giornata lavorativa sarebbe conclusa qui, ma non riuscendo a stare troppo tempo
lontano dai bimbi, siamo di nuovo insieme nel pomeriggio per il bagnetto.
Piano piano ci stiamo dunque abituando a questa nuova vita e ai suoi ritmi. Abbiamo ancora tanto da
imparare e da scoprire, ma siamo pronte ad affrontare l’anno che ci aspetta.”

Serena e Silvia dalla sede di Miyuji

Serena e Silvia presso la Miyuji Cheshire
home

Due volontarie sono in procinto di partire dall’Italia per raggiungere le loro sedi di servizio e poter così dar inizio al loro anno come caschi bianchi. In futuro avrete modo di leggere anche le loro testimonianze ma, per il momento, ci auguriamo che abbiate apprezzato quelle di Lucia, Alessia, Gabriele, Greta, Iliaria T, Iliaria F, Serena e Silvia.