– Voglio diventare un medico, ma la mia famiglia è contraria, come faccio?

– Come posso rendere la mia famiglia uno spazio più equo?

– Perché ci sono aspetti della globalizzazione così negativi?

Queste sono solo alcune delle domande che ci sono state poste nelle prime settimane del corso di cittadinanza globale, messo in piedi per la prima volta in assoluto nella scuola secondaria femminile St. Clara nel paesino di Mlali, sede del nostro progetto e suo primo anno di attuazione.

Cercare di rispondere a queste domande, non è stato facile, anche perché crediamo che non esistano ricette da replicare per ottenere i propri legittimi spazi di azione. Quando riceviamo questi quesiti io e Julia, partiamo sempre dal concetto di contesto culturale e ci focalizziamo sul fatto che loro meglio di noi conoscono il proprio background, che loro, le studentesse, sanno chi nella propria famiglia è più disponibile al dialogo di altri e con chi invece è meglio non affrontare questi temi.

A lezione cerchiamo di creare un luogo in cui porsi queste domande e insieme di trovare le risposte, fornendo talvolta esempi che peschiamo dalla nostra vita in Italia e confrontando le nostre storie con le loro, senza emettere sentenze  e giudizi.

Cerchiamo di arricchire lo spazio che condividiamo in aula, portando metodologie diverse rispetto a quelle a cui sono abituate ampliando il concetto di lezione frontale. Prepariamo giochi e stimoliamo la discussione, rendendoci in primo luogo vulnerabili noi come insegnanti, portando i nostri vissuti sui banchi di scuola.

All’inizio non è stato facile introdurre queste dinamiche, perché ci siamo trovate di fronte a platee un po’ confuse e spaesate davanti a questi cambiamenti, ma piano piano (o come si dice qui pole pole) siamo riuscite a modificare qualcosa, a creare, vogliamo immaginare, un’aspettativa per le nostre lezioni e ad accogliere al tempo stesso le critiche, le domande e le curiosità.

Ogni settimana, prima di entrare in classe costruiamo la lezione, cercando di seguire un filo comune partendo da quello che ogni classe ci restituisce autonomamente. Venerdì ad esempio abbiamo rivisto dopo due settimane di vacanze scolastiche il Former I (ossia il primo anno) e visto che la partecipazione è ancora in costruzione, abbiamo proposto di scrivere su dei bigliettini in forma anonima come fossero andate le vacanze a casa, cosa fosse successo di bello o di spiacevole, cosa ne pensassero delle lezioni fatte finora e infine cosa volessero vedere nelle prossime.

Ci siamo stupite che tutte partecipassero e che avessero così tanto da condividere, talmente che anche dopo lezione alcune ci hanno rincorso fuori per darci altri bigliettini, delle piccole dediche da portare con noi e di cui faremo tesoro.

Alessandra Calabrese