Dall’ 11 al 15 Novembre si è tenuto a Dodoma in training CeMONC “Comprehensive Emergency Obstetric and Newborn Care” per il progetto IMaNHC finanziato dall’ Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo.

Qui di seguito potete leggere la testimonianza dei due medici italiani che hanno preso parte al training:

È ormai sera quando arriviamo a Dodoma, sono circa le 20.40 ma è buio pesto, qua il sole tramonta presto.

Ad affrontare questo viaggio siamo in due: Ginevra, ostetrica, e Filippo, anestesista, ed entrambi proveniamo dallo stesso ospedale di Firenze, il Careggi. L’aeroporto è piccolissimo, dalla pista si accede direttamente all’area ritiro bagagli, da cui già si arriva al parcheggio esterno. Arrivato il nostro transfer verso l’hotel già ci rendiamo conto della differenza con Zanzibar, dove abbiamo trascorso la nostra prima settimana Tanzanese. Qui ad accoglierci ci sono un dedalo di palazzi e strade, perlopiù asfaltate, e non le distese di palme a cui eravamo ormai abituati. A dispetto del buio è comunque presto, e numerosi negozi, non solo di cibo, sono ancora aperti. Il tragitto fino all’hotel è brevissimo, circa 10 minuti, ed il che non ci dispiace vista la stanchezza del viaggio; giusto il tempo per una cena veloce e di contattare Francesca, la project manager del CSMR per concordare l’ora di ritrovo al mattino successivo. Si parte per le 7. Speravamo almeno 7.30!

Ma va bene comunque, dopotutto il programma di domani è denso e non si può fare tardi. Il nostro ruolo qua?

Affiancare dei formatori locali in una settimana di training sul campo in un ospedale di secondo livello a circa mezz’ora di Dodoma, l’ospedale di Mkonze, con particolare focus su quelle che sono le cure materno-infantili, dalla gravidanza al momento del parto. Anche a Zanzibar abbiamo girato per centri di salute con questo scopo, ma a differenza di questi, a Mkonze è possibile effettuare anche tagli cesarei, soprattutto in regime di urgenza ed emergenza.

Può capitare spesso di dare per scontato questa possibilità nei nostri ospedali occidentali, se qualcosa va storto durante il travaglio, si può sempre ricorrere ad un cesareo, ma qui non è lo stesso. Avere una sala operatoria, e soprattutto mantenerla, ha dei costi molto elevati, per non parlare della formazione e della necessità di personale che comporta. Per questo motivo non tutti i centri se lo possono permettere, e i centri di salute più piccoli si occupano solo dei parti naturali, trasferendo nei centri più grandi quelle donne che possono presentare eventuali complicanze. Morire di parto non è ammissibile, così come non lo è perdere un bambino appena nato. Purtroppo però, questa considerazione vale solo a casa nostra . 

La sveglia suona, facciamo una abbondante colazione e ci dirigiamo all’ingresso dell’albergo dove troviamo Francesca, e Abiola, l’autista che ci accompagnerà in questi giorni. Dopo i saluti di rito ci dirigiamo negli uffici del CSMR dove incontriamo i nostri colleghi: il Dr. Ndengue, il project manager assistant, che assieme a Francesca dirigerà questo progetto di formazione (oltre che ad aiutare Francesca a gestirne molti altri!), il Dr. Eric, ginecologo del St. Gemma hospital (uno degli ospedali più grandi della capitale), il dr. Henerico, infermiere specializzato in anestesia (in molti paesi del mondo, sopratutto in quelli in via di sviluppo, gli Anestesisti non sono molti, e quindi si forma del personale infermieristico a condurre le operazioni di anestesia in sala operatoria), la dr.ssa Subira, ostetrica specializzata, e la dr.ssa Sauda, pediatra. Dopo i saluti formali, rompiamo le righe e ci dirigiamo in ospedale. Ripartiamo con Abiola, e basta fare due tre svolte per uscire dalla città, dove ci aspetta un panorama fatto di pochissima vegetazione, e dove il vento, che soffia quasi sempre su Dodoma, alza nuvoloni di polvere, coadiuvato dai grossi camion che percorrono la via principale.

Tutto ciò sembra comunque non scoraggiare i Bodaboda, i locali “taxi”, ma a bordo di una motocicletta, e i Bajaji, che offrono lo stesso servizio, a bordo di quella che da noi sarebbe una Apecar. Ci spiegano che qua, se vuoi evitare gli autobus o se devi fare un tratto non coperto da questi, allora ti restano queste due opzioni. Alle ore 8 circa siamo in ospedale, dove ad accoglierci c’è la dr.ssa Halima, la Medical in charge dell’ospedale, ovvero, fondamentalmente, la direttrice. La dr.ssa Halima ci accompagna a visitare la struttura e a conoscere lo staff e nel mentre ci spiega le attività dell’ospedale: un piccolo pronto soccorso per le patologie mediche, sia per adulti che pediatrico; la parte ostetrico-neonatale, dalla visita prenatale, al travaglio, alle cure post-nascita, al reparto per le eventuali cure del neonato; la sala operatoria, dove si fanno interventi di taglio cesareo, riparazione di ernie, ed altri piccoli interventi, sempre in ambito ginecologico; il laboratorio di analisi e la stanza per le radiografie.

È arrivato quindi il momento di mettersi al lavoro, con la routine che ci accompagnerà per questi giorni: prima un giro visite collegiale alle donne ricoverate, e ai relativi bambini, poi la pianificazione delle attività da fare con eventuale focus da parte dei formatori locali sulle criticità che possono essere presenti su determinati casi. E così affianchiamo lo staff locale nelle attività cliniche. È martedì, quando una delle ostetriche ci dice che è appena entrata una ragazza di circa 22 anni che ha un cosiddetto “obstuctred labour”, ovvero, a discapito del fatto che sia il momento per quel bambino di nascere, qualcosa lo sta impedendo. Assieme a Ginevra e Subira la visitano: la madre sta bene e anche il bambino, ma in questi casi la situazione può precipitare velocemente e senza dare preavviso, è meglio ricorrere ad un taglio cesareo, ci conferma il dr. Eric. Anche Filippo ed Henerico visitano la donna affinché ci si possa preparare ad una anestesia condotta in sicurezza.

Tempo 10 minuti e siamo tutti pronti, si entra in sala operatoria. Una sala sicuramente scarna rispetto alle nostrane, ma con tutto ciò che serve per portare avanti in sicurezza un intervento chirurgico, grazie anche alle attrezzature donate del progetto. La donna entra e viene monitorata, mentre i chirurghi si preparano, viene effettuata l’anestesia spinale, e dopo la preparazione del campo sterile si parte. I tecnici di sala tranquillizzano la futura mamma in swahili, anche se lei non aveva emesso un fiato. Qua le donne in travaglio sono tutte silenziosissime. Tempo tre minuti e la piccola è fuori dalla pancia della madre ed un fragoroso pianto rompe l’operoso silenzio della sala. I primi momenti di vita sono tra i più importanti per un neonato e dopo aver reciso il cordone, subito le ostetriche si occupano di coprire e asciugare la neonata. Sta benissimo, e viene portata al caldo, sempre sotto stretta supervisione. In quaranta minuti circa è tutto finito, e possiamo finalmente ricongiungere madre e figlia. Rimarranno in struttura almeno 24h, a meno che non ci siano problematiche da risolvere a carico di una delle due. A volte, ci dicono, sono anche costretti a dimettere prima le madri e piccoli che stanno bene, per carenza di posti letto. 

Non sarà l’unico parto cesareo della settimana, ed assieme allo staff e ai formatori locali ci troviamo ad affrontare numerose altre problematiche. 

La settimana scorre veloce, forse troppo, con sveglie che suonano presto e pranzi che arrivano tardi. Una settimana in cui abbiamo risposto a tante domande, e in cui ne abbiamo fatte forse di più, perché se noi siamo stati fortunati a nascere sul versante al sole della collina, qua sicuramente lo spirito di adattamento ti aiuta a non rimanere rigido nei propri schemi, e a risolvere qualsiasi situazione la vita ti metta davanti. 

Ce ne andiamo con un po’ di rimpianto per questa missione durata forse troppo poco (avessimo potuto saremmo rimasti altri due mesi almeno!), ma consci di aver passato qualche conoscenza in più a chi tutti i giorni lavora affinché non si debba più piangere la morte di una madre o di un neonato, nei nostri modernissimi ospedali, tanto quanto in ogni più remoto angolo dove ogni giorno nascono nuove creature. 

Asante sana Tanzania, 

Dott.ssa Ginevra Maida e Dott. Filippo Pelagatti