Giulia Fantini, casco bianco del Servizio Civile Universale, si trova in Tanzania a svolgere il suo anno di servizio.

Nell’articolo di oggi ci racconta un’attività realizzata con gli studenti e ci spiega le motivazione per le quali ha deciso di proporre un lezione così “diversa” dal consueto:

Nella scuola dove effettuo servizio, a Mpanda, non ci sono delle ore dedicate alle materie artistiche, quali l’arte o la musica, perciò ho deciso di organizzare con i ragazzi del form III una lezione diversa da quelle a cui sono abituati. Abbiamo arrangiato la classe a spazio creativo e ricreativo, nel quale abbiamo svolto due principali attività: i mandala, composizioni geometriche tipicamente usate a scopo meditativo e rilassante, poiché favoriscono la concentrazione e al contempo liberano la mente, facilitando il fluire libero della creatività, e il gioco dello Scarabeo, il cui obbiettivo è quello di formare delle parole, a partire da un limitato numero di lettere a disposizione, che andranno ad incastrarsi le une alle altre su un grande tabellone.

Ho pensato ai mandala perché, fin dal primo giorno in cui sono arrivata a Mpanda, ho visto i ragazzi completamente assorti qualora proponessimo attività concernenti il disegno o la pittura. Effettivamente, il risultato che ho osservato in seguito a questa attività è che si sono sentiti molto liberi nell’espressione della propria creatività senza che ci fosse alcuna regola da seguire, a partire dalla posizione che tenevano per colorare, stando seduti o in piedi, da soli o in piccoli gruppi.

Come dicevo all’inizio, durante le lezioni, non ci sono tante occasioni nelle quali gli studenti si possano esprimere, differenziandosi gli uni dagli altri. Inoltre, nelle scuole in Tanzania i ragazzi indossano le uniformi e nelle boarding school nel corso delle giornate condividono tutti le stesse routine, motivo per cui lo spazio in cui si possono differenziare gli uni dagli altri acquista una fondamentale importanza. Proponendo questa attività volevo che ognuno scegliesse la propria composizione di partenza, la propria modalità per riempire gli spazi (tempere o pennarelli) e i propri colori preferiti per creare opere personalizzate.

Ho preferito i mandala al disegno libero perché, non essendo abituati ad attività poco strutturate, avere davanti a sé un foglio completamente bianco potrebbe demotivare invece che stimolare, e la pressione riguardo alla buona riuscita sarebbe stata maggiore. Ed è ciò che si è verificato all’inizio della mia esperienza qui, quando ho chiesto loro di scrivere un tema libero su di sé per permettermi di conoscerli meglio. In quell’occasione sono emersi tutti i loro timori riguardo al commettere errori, nonostante non ci fosse alcuna possibilità di sbagliare ed uscire dalla consegna richiesta, appunto perché era caratterizzato da una modalità completamente libera. Tutti i ragazzi si sono attenuti ad una presentazione standard di sé, ma senza andare sul personale e raccontare qualcosa al di là di poche informazioni anagrafiche.

Volevo che si spingessero un po’ oltre e che uscissero un po’ dagli schemi, che hanno acquisito venendo da anni di educazione perlopiù statica e con una modalità frontale. Alcune lezioni svolte insieme si sono infatti rivelate più difficili di altre perché ai ragazzi chiedevo di mettersi in gioco, di esporsi davanti alla classe, fare domande e intervenire dicendo la propria opinione e spesso c’erano grandi silenzi e pochi scambi.

All’opposto, questa volta, lo spazio era molto dinamico e le distanze tra me e loro erano colmate.

Per quanto riguarda Scarabeo, è stato utilizzato come mezzo attraverso il quale potessero allenarsi con l’inglese, anche qui con pochissime regole se non quelle di dividersi in squadre e provare a ricercare la parola più lunga che riuscissero a formare. Il pensiero di fondo si basa sul fatto che apprendere giocando è molto più facile e divertente perché non esistono pressioni provenienti da un giudizio esterno, per esempio un voto. E sono state create due squadre per stimolare la collaborazione e il lavoro di squadra tra gli studenti, per iniziare a far percepire loro un clima di sostegno all’interno del contesto classe, piuttosto che percepire i propri compagni come minacce durante le proprie esposizioni.

Spesso e volentieri i professori insistono perché gli studenti raggiungano ai test una determinata performance e vengono dati dei giudizi a tutte le attività che i ragazzi svolgono, con il risultato di renderli dipendenti proprio da questi giudizi esterni, piuttosto che aiutarli a sviluppare un proprio metro di giudizio interno sulle proprie prestazioni, che consentirebbe anche di valutare le proprie prestazioni in base all’impegno che è stato messo per poi permettere loro di autocorreggere il tiro in autonomia ed essere di conseguenza più motivati.

L’educazione e l’istruzione non si limitano strettamente allo studio mnemonico di nozioni e vocaboli, ma dovrebbero aiutarci a far emergere la nostra individualità, costruendo l’impalcatura per la definizione di chi siamo e di che cosa vogliamo.